Furto in Maremma, parrucchiera di Concorezzo condannata a un anno di carcere

b_450_500_16777215_00_images_carabinieriospedalevimercate.jpeg(tratto da corrieredimaremma.it) Sembravano insospettabili. Pelliccia e cappello, l’aria da signorotte borghesi. Invece erano in azione per rubare. Una trasferta del furto partita da lontano perché loro, cugine di origini palermitane, si erano mosse addirittura dalla Lombardia per un blitz a caccia di merce di valore. Un tentativo finito con le manette per entrambe dopo essere state bloccate mentre cercavano di uscire da Mediaworld con un pc appena tolto dalla scatola. Adesso per le donne sono arrivate le condanne dopo il processo col rito abbreviato di fronte al Gup grossetano Valeria Montesarchio: Silvana Mamone, 50enne cameriera, è stata condannata a due anni e quattro mesi di reclusione e a 900 euro di multa, oltre alla rifusione delle spese di custodia cautelare e processuali; per Patrizia Mamone, 44enne parrucchiera di Concorezzo, la pena è invece di un anno di reclusione, 600 euro di multa e il rimborso delle spese per custodia cautelare e processo, ma col beneficio della sospensione condizionale. Il pomeriggio del 14 gennaio di un anno fa Silvana e Patrizia Mamone si erano ritrovate a Mediaworld, nel centro commerciale Aurelia Antica, all’epoca aperto da poco più di un mese. L’aria distaccata, come dame di gran classe, ma un errore madornale: le vesti esageramente larghe, fuori taglia per due donne longilinee. Un particolare che aveva insospettito gli addetti alla sicurezza che avevano tenuto d’occhio la coppia. Il responsabile sicurezza del punto vendita, in particolare, le aveva monitorate vedendo Silvana - gonna scura sotto la pelliccia, cappello di lana e grossa borsa al seguito - prendere la confezione di un pc portatile del valore di 799 euro e poi dirigersi, con la cugina, nel reparto grandi elettrodomestici. Lì Silvana Mamone si era rimpiattata dietro un grande frigorifero mentre Patrizia si era messa davanti a farle da palo. La 50enne aveva strappato la placca antitaccheggio dalla scatola e poi si era infilata il pc all’interno della gonna, cercando poi di guadagnare l’uscita insieme alla cugina. Arrivate alle casse, le due si erano divise: Silvana si era messa in coda per pagare una cuffietta da pochi euro, nel tentativo di andarsene come nulla fosse col pc nascosto sotto il vestito, mentre Patrizia invece aveva aggirato le casse dirigendosi verso l’uscita. Era stato allora che gli addetti alla sicurezza, che nel frattempo avevano già allertato il 113, erano intervenuti. Patrizia Mamone era stata fermata senza problemi, mentre la cugina aveva cercato di rientrare nel negozio per disfarsi del computer, spintonando un addetto alla sicurezza di Mediaworld che cercava di bloccarla. Alla fine anche Silvana Mamone era stata fermata mentre cercava di uscire attraverso la porta antipanico nella parte posteriore del negozio. Così, quando sul posto arrivarono gli agenti della Squadra Volante, per le due donne scattarono le manette con l’accusa di tentata rapina impropria in concorso. Dopo un breve soggiorno nel carcere femminile di Livorno, il giudice del Tribunale di Grosseto aveva convalidato gli arresti rimettendo le cugine in libertà: per Patrizia era stato disposto l’obbligo di dimora nel comune di residenza, Concorezzo, per Silvana invece, visti i numerosi precedenti per furto a suo carico, erano stati disposti i domiciliari a Milano, dove risiede, fino al 10 febbraio, quando le fu concesso l’obbligo di firma giornaliero. Silvana Mamone, tra l’altro, al momento del tentato colpo a Grosseto era già sottoposta a una misura cautelare, l’obbligo di firma ogni mattina nella caserma dei carabinieri di Sesto San Giovanni. Una misura che aveva rispettao anche quel giorno, prima di salire in auto e mettersi in viaggio verso la Maremma. L’obiettivo era rientrare in serata, ma la trasferta finì male. E per il giudice non ci sono dubbi: la colpevolezza delle donne è acclarata nonostante i loro tentativi di giustificarsi dicendo di aver rotto la placca antitaccheggio per errore.