Cancellata l’opera di Manuela Bramati: è polemica
Concorezzo. Ad alcuni mesi di distanza dalla riqualificazione di Villa Zoja (Villa Zoja come non l’avete mai vista), scoppia la polemica sulla cancellazione del dipinto di Manuela Bramati. L’artista concorezzese aveva decorato l’allora sala del Consiglio comunale 34 anni fa. Il dipinto, senza che la Sovritendenza ai Beni culturali eccepisse, è stato coperto “con una mano di bianco” in occasione della riqualificazione. Da luglio nessuno aveva mai avanzato alcuna perplessità sull’intervento fino a quando le foto pubblicate sull’informatore comunale hanno attirato l’attenzione di qualcuno. Ed è stata Manuela Bramati, con una lettera aperta al sindaco Mauro Capitanio, ad esprimere il proprio stupore.
La lettera aperta
“Solo ieri (22 ottobre, ndr) ho scoperto una cosa incresciosa che mi ha lasciato allibita! Non ci potevo credere! E proseguo. Quanto è successo non si riferisce a una mera faccenda locale. Ma con cognizione di causa posso asserire che si tratta di un oltraggio all’arte d’avanguardia italiana di fine millennio. Ho saputo leggendo gli opuscoli concorezzesi di dubbio gusto, dell’inaugurazione del nuovo restauro di Villa Zoja di Concorezzo. Guardo le foto e mi accorgo che, al posto dell’affresco da me dipinto tra gli anni 1984 e 1986, c’è una parete bianca. Avevo vinto il concorso voluto dalla giunta comunale nel 1984, indetto tra tutti i concorezzesi per la progettazione e realizzazione del dipinto nella sala adibita a consiglio comunale. Il Maestro Walter Bellocchio la giuria tutta, avevano scelto tra i tanti il mio, il più moderno. Testimone del presente. Proprio per non incorrere nell’errore di realizzare decorazioni falso/antiche che sarebbero risultate kitsch (di cattivo gusto) e citando Philippe Daverio “Disneyane”. Riassumo l’opera scelta nel 1984 in due importantissimi punti:
1) Il Tema. Era una raffigurazione semantica/astratta delle “accorate battaglie” (stemmini sul fascione basso) della giunta comunale e dei concorezzesi di ogni colore politico disputate per il bene del paese, (ora città) espressamente pensato per la sala consigliare. Ma la fruizione andava ben oltre alla sua ubicazione.
2) La Tecnica. Avevo utilizzato un disegno basato sulla sezione aurea, proprio per creare un equilibrio classico con l’architettura neoclassica di Villa Zoja.
Fresca di studi presso la Scuola Politecnica di Design di Nino Di Salvatore, avevo applicato le recentissime teorie di percezione visiva dello Psicologo Fabio Metelli dell’Università di Padova sulla “Trasparenza Fenomenica”, Grazie alle lezioni illuminanti di due docenti del calibro di BRUNO MUNARI (logo Regione Lombardia ad es:) e AUGUSTO GARAU.
Ed è per il punto 2, che rivendico il diritto di chiamare questa rimozione UN OLTRAGGIO ALL’ARTE DI AVANGUARDIA ITALIANA DI FINE MILLENNIO, non certo per il mio nome che conoscono in pochi, anche se in molti mi definiscono “artista”. Oggi Concorezzo ha perso un cuore pulsante nella cultura italiana. Il mio.
P.S. Le faccio notare, presumo a questo punto (vista la ristrutturazione avvenuta) che non lo sappia, che Concorezzo è passato a Città da parecchio tempo, per cui lo Stemma deve avere solo 5 torri e non 9 come avevo dipinto quando ancora Concorezzo era definito Paese”.
E adesso?
Al vaglio della Amministrazione comunale due possibilità. Valutare il recupero sulla parete originaria oppure offrire uno spazio all’artista (come ipotizzato sulla sua stessa pagina facebook) per riprodurre un dipinto analogo in un punto della città più fruibile e avvicinabile dai cittadini. Dalla sua realizzazione, per oltre trent’anni, l’opera era diventata parte integrante del salone di Villa Zoja, utilizzato per assemblee e cerimonie una volta venuta meno la sua funzione di sala del parlamento cittadino. Nonostante questo l’opera non era mai stata valorizzata, nè con un evento che ne raccontasse la filosofia artistica (come fatto ora dall’artista), nè con una banale targa museale che ne indentificasse anno di realizzazione e nome dell’artista. La delicata partita è nelle mani dell’assessore alla Cultura, Gabriele Borgonovo.