December 14, 2024
#Cultura

Di Val Sant’Anna, da dieci anni patria brianzola del pastore tedesco

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di Fabio Ghezzi
Concorezzo.
Ha sede a in paese, in via Monza, l’allevamento per pastori tedeschi di uno degli amatori italiani più apprezzati in Germania, patria della razza. Incontriamo il giovane Fabio Vegetti, nel decimo anniversario della fondazione dell’allevamento di Val Sant’Anna.

 

Perché e da dove nasce la tua passione?

«Il pastore tedesco in tanti l’hanno descritto come il Leonardo da Vinci dei cani, perché senza dubbio è il più funzionale e versatile. Se selezionato bene può adattarsi a qualsiasi tipo di impiego: in famiglia, come animale da gregge, da guardia, da trasporto… Non è un cane estremo che si limita a poche specialità, sa fare genericamente di tutto. E questa versatilità te la ritrovi nella vita quotidiana, perché all’uomo dà, ma da lui pretende anche tanto, caratteristica che non tutti i cani riescono ad avere per una pura questione selettiva. Inoltre è innegabilmente un appagamento dell’occhio, perché esteticamente bello, piacevole».

 

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Quali sono le peculiarità della selezione?

«Ci sono dei criteri standard che le società specializzate mettono in atto per scegliere i riproduttori idonei per un determinato miglioramento genetico. E’ un complesso di indicazioni morfo-funzionali, che comprende quindi estetica, salute e carattere del cane. Per il carattere, ad esempio, si valutano i canoni riconosciuti a livello scientifico: l’aggressività, la tempra, la curiosità, la possessività, il temperamento… tutte caratteristiche che si cerca di seguire nell’allenamento».

 

E quali sono i problemi maggiori?

allevamentovegetti4.jpg«Dietro la razza ci sono interessi elevatissimi; alcuni esemplari raggiungono il mezzo milione di euro. Inoltre, come tutti gli animali, quando una razza torna di moda per star dietro all’impennata delle vendite si fanno accoppiamenti un po’ a casaccio, e la qualità media ne risente. Il nuovo Rex (della serie tv, ndr) è un cane italiano suggerito dalla SAS (Società Amatori Schaferhunde), che tutela la razza senza fini di lucro. Il suo contraltare tedesco è la tedesca SV (Verein für Deutsche Schäferhunde). Il secondo male è il livello di professionalità; più è alto meno gente riesce ad accedervi: si alza la qualità dei soggetti di punta, ma si abbassa quella media. Va bene la ricerca del cane perfetto, ma non attraverso l’estremizzazione. Questo porta ad avere una lobby, e il rapporto fra professionisti e amatori, il cuore pulsante del nostro mestiere, peggiora sempre più a favore dei primi a causa delle barriere».

 

Quando hai iniziato la carriera agonistica?

«Nel 1999, prima collaborando con grossi allevamenti del Nord Italia, poi ho creato il mio allevamento, basando la mia linea di sangue su determinate caratteristiche. Dal 2004 la FCI, la Federazione Cinologica Internazionale mi ha riconosciuto l’affisso di Val Sant’Anna».

 

Come imposti i cani?

«L’ideale assoluto sarebbe un cane da bellezza con un ottimo carattere; chi nella vita trova esemplare di questo tipo, se ne innamora e non cambia più razza. Però , poi la media taglia, infine la tipicità. Prima della laurea in veterinaria io ho fatto il liceo artistico, e per me l’allevamento è un po’ un’opera d’arte. E’ l’uomo che opera la selezione attraverso la sua sensibilità, sia dal punto di vista estetico che caratteriale. D’altronde il maestro di cavalleria tedesco Max von Stephanitz, i padre della razza, aveva una chiara vena artistica. Dai suoi scritti è facile capire che aveva una sensibilità diversa da un semplice allevatore. E’ stato lui a selezionare, fra i pastori bovari della Alsazia e della Turingia il primo pastore della storia, Horand, pedigree numero 1. E’ stato Stephanitz a stilare lo standard di razza, molto analitico, precisissimo, addirittura gli angoli ossei. Se non hai quel tipo di sensibilità, non è il tuo mestiere. Delle volte dico che, al di là delle prove caratteriale, un bravo allevatore riesce a cogliere quello che trasmette il cane anche solo guardandolo negli occhi».

 

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Come sono le gare?

«Le gare veramente importanti sono solo in Germania. Il campionato tedesco in realtà è il campionato mondiale, a cui partecipano 50 nazioni, 4000 cani iscritti. Si svolge ogni anno fra agosto e settembre, e categorie sono divise per sesso ed età: dai mesi 1-18, 18-24, e sopra. Prima c’è una prova caratteriale, molto breve ma intensa, in cui si mostra il lavoro di anni, e si valuta il temperamento, la tempra, il coraggio, l’addestrabilità, la preda, la combattività, la docilità. Questo stabilisce se il cane ha un carattere solido. Poi c’è la prova di bellezza. I cani italiani che passano la prova sono 5 all’anno, di media».

 

Quali sono i risultati che ricordi con più piacere?

«Considero il mio fiore all’occhiello aver presentato un intero gruppo di allevamento al campionato tedesco del 2012. Il mio è un allevamento amatoriale, da appena 25 cuccioli l’anno, non rivolto al commercio ma alla passione; altri estremamente grandi non ce la fanno. Se guardiamo ai singoli, il cane che ha ottenuto i migliori risultati non è per forza quello che mi ha lasciato di più. Nel cuore ne ho tre: Lex dell’Isola dei Baroni da cui arriva tutto il mio l’allevamento, perché è l’ideale per me del pastore; un quadro perfetto. Poi Fiamma di Val Sant’Anna, che mi ha fatto reinnamorare della razza dopo un periodo buio, e che ha il record mondiale di 11 tsb superate (prove caratteriali). Infine Loacker di Val Sant’Anna, un cane che mi ha dato più di quello che io ho dato a lui. Un allevatore non può essere un mestierante, deve avere umanità; è colui che fa partorire i cani, li accudisce. Da un punto di vista di risultati infine, Quark di Val Sant’Anna si è classificato 6° pastore assoluto al mondo».

 

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Chi cerca un tuo cane cosa deve sapere?

«Deve essere consapevole che è di un livello diverso, è un animale che può affrontare qualsiasi tipo di brevetto o area… è un foglio bianco. Essendo un allevatore amatoriale non vado verso il numero, ma cerco solo ed esclusivamente la qualità. I miei sono cani completamente diversi rispetto un quelli di un allevamento in batteria».

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