Le tasse uccidono la transumanza in Brianza: pecore addio
Concorezzo. Marino Ambrosini, 49 anni, di Clusone (BG) in Valle Seriana, potrebbe essere l’ultimo anello di una tradizione secolare, trasmessa di padre in figlio: la transumanza. Ci fermiamo a scambiare quattro chiacchiere con lui questa mattina, poco prima delle 8, quando il pastore sta facendo la guardia ai suoi 400 capi al pascolo in zona Malcantone, al confine con Monza e Brugherio.
Quel fazzoletto verde, risucchiato tra capannoni e provinciali, non sembra nemmeno un pezzo di quella Bassa Brianza, dove dal Dopoguerra in avanti, il verde è stato soprattutto quello dei soldi più che dell’agricoltura. Mentre auto e camion sfrecciano o si incolonnano al ritmo dei semafori, insieme alle pecore, indifferenti a traffico e smog, completano la bucolica fotografia tre cani da guardia e due asinelli. La poesia, il lato affascinante e spettacolare di questo antico lavoro, però, finisce qui.
“Forse sarò l’ultimo – confessa Marino, che da Clusone alla Brianza è arrivato a piedi per rimanerci quasi sei mesi – E’ un mestiere duro, che all’estero resiste perché non ci sono le tasse che applicano in Italia: adesso ci tocca pagare pure l’occupazione di suolo pubblico, con cartelle anche da 600 euro perché sporchiamo le strade“. E mentre l’Italia continua a importare in modo incomprensibile carne dall’estero, chi la produce in sintonia con l’ambiente sta per mettere la parola fine su un pezzo di storia.
“La lana ovviamente non si vende più, ormai è un costo – spiega Marino, che passa sei mesi all’anno in pianura e sei mesi in montagna sempre in compagnia di pecore e agnelli e che, a Concorezzo, trascorre la notte in roulotte – Quanto alla carne la vendiamo praticamente solo da Roma in giù. Poi ci sono i costi dei campi, qualcuno ce li concede gratis, altri vogliono essere pagati…“. Negli occhi del pastore non è certo nascosta la tristezza per un’epoca che sta per chiudersi. Intanto automobilisti e anche bambini in bicicletta si fermano a fare foto: lo spettacolo è bello, originale, rigenerante. Ma forse il sipario sta per calare. Peccato. Tra tante agevolazioni e soldi buttati nella spazzatura, forse bisognerebbe trovare il modo di preservare questi antichi mestieri, che tra l’altro ci garantiscono prodotti certificati e nostrani.