Sant'Antonio, ecco perché (e dove) tenere viva la tradizione

falomelzi1.jpgConcorezzo. Il 17 gennaio del 357 moriva Sant'Antonio abate e, in suo onore, in questo periodo, in buona parte della Brianza e della provincia di Milano si accendono i rituali falò. Un modo chedere alla Natura la benedizione sui prodotti della terra, la fertilità degli animali, la protezione sugli uomini. Un modo di spazzare via gli influssi malefici e iniziare in modo sereno il nuovo anno, magari traendo buoni auspici dalla "barba del santo", che si innalza in cielo quando i contadini smuovono il falò con le forche da fieno. Considerato guaritore e taumaturgo, Sant'Antonio è stato sempre considerato nella tradizione contadina protettore anche degli animali (da qui la raffigurazione con accanto un maialiano, il "purscell") e delle stalle, che venivano benedetti proprio il 17 gennaio. 

A tenere viva la tradizione, proprio in mezzo ai campi che danno lavoro alla famiglia Melzi, domenica 17 gennaio si brucerà il grande falò dell'omonima azienda agricola di via Oreno: uno spettacolo suggestivo aperto a tutti a partire dalle 20,30 con distribuzione di vino, di frittelle e, per i più piccoli, con la possibilità di fare un giro in trattore (le foto si riferiscono all'edizione 2015). In oratorio, invece, il falò verrà acceso sabato sera, alle 20,30: dalle 19 aprirà la cucina, dalle 21,15 musica dal vivo (leggi: Sant'Antonio: due giorni di festa in oratorio). 

Città da sempre legata a Sant'Antonio con una lunga e ricca kermesse è Vimercate (qui il programma della Sagra). 

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