parrucchiera

malocchio.jpgConcorezzo. Prima lo sciopero degli avvocati, adesso il cambio del giudice. Non ha fine la parentesi giudiziaria di una delle storie più sconcertanti degli ultimi anni. Per ascoltare la prima sentenza nei confronti della parrucchiera accusata di aver plagiato e truffato una ottantenne invalida civile bisognerà aspettare ad aprile. Ennesimo colpo di scena: cambia il giudice del processo penale a carico della parrucchiera di Rita G., udienza rinviata ad aprile. L'udienza fissata martedì scorso a Monza è stata rinviata a fine aprile per consentire il passaggio di consegne tra il precedente giudice, Federica Centonze, e il subentrato Marta Pollicino.

In aula era presente l'accusata, Rita G., 54 anni, che aiutava saltuariamente il figlio nell'ex boutique di via Repubblica, ora affidata ad una nuova gestione. La donna deve rispondere dell'accusa di essersi fatta consegnare da un'anziana cliente, Anna F., residente in centro, 6200 euro che sarebbero serviti per levare il malocchio. Nelle carte dell'inchiesta, come presunte vittime, erano finiti anche altri concorezzesi.

La parrucchiera venne arrestata nel settembre del 2014. Lo scorso novembre il processo era slittato una prima volta per lo sciopero degli avvocati.

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Concorezzo. Non ha fine la saga concorezzese del "malocchio", una serie di episodi che hanno già portato alla condanna in primo grado per una nota parrucchiera che lavorara in pieno centro. Se il primo capitolo aveva riguardato la truffa ai danni di una invalida ottantenne, che era stata persuasa del fatto di avere il malocchio, la prossima settimana le porte del Tribunale di Monza si apriranno per chiarire i contorni di una vicenda ben diversa. Un imprenditore avrebbe dovuto versare una somma da capogiro (si parla di circa 100.000 euro, in diverse tranche) perché non venissero rivelate presunte "scappatelle". Sembra che la denuncia fosse stata presentata e poi ritirata e per questo a deporre saranno chiamati anche i militari dell'Arma che avevano raccolto ufficialmente le prime informazioni.

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Cronaca

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Malocchio e scappatelle, nuovo capitolo in Tribunale

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malocchio2.jpgConcorezzo. Martedì avrebbe dovuto raccontare la sua versione dei fatti. Ma non si è presentata in Tribunale. Per motivi di salute, spiegano i famigliari. La parrucchiera calabrese, impiegata fino a poco tempo fa nel salone di via Repubblica (che ora ha cambiato gestione), accusata di truffa aggravata nei confronti di una anziana concorezzese, è ora attesa in aula il 23 aprile. Solo in quella circostanza si saprà se la donna deciderà di patteggiare la pena (reclusione da uno a cinque anni), ammettendo la responsabilità e ottenendo uno sconto, o avviarsi verso il rito abbreviato. 

In Tribunale, accompagnata dai nipoti, c'era anche la donna, residente in centro, che, secondo l'accusa, venne plagiata dalla parrucchiera e convinta della presenza di fattori negativi che andavano allontati con riti magici. Per togliere il malocchio, la parrucchiera si sarebbe fatta consegnare soldi e oggetti preziosi per un totale di 6200 euro. Prima di essere scoperta e arrestata.

Dopo un lungo periodo di carcerazione, la donna è stata rilasciata e ha fatto ritorno in Calabria. Lì è seguita da un celebre avvocato del foro di Reggio che martedì aveva delegato un collega di Pavia. E' stato questo a chiedere al giudice di rinviare l'udienza per l'assenza della sua assistita. Che sarebbe pronta a presentare documenti che alleggerirebbero la sua posizione, smentendo alcuni dei fatti raccontati dalla vittima, in particolare alcune telefonate.

I dettagli della vicenda:

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Malocchio, la parrucchiera non si presenta in Tribunale

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luminarie natale.jpgConcorezzo. Nonostante le difficoltà di questo anno funesto, i commercianti del Milanino non si sono tirati indietro per creare una suggestiva atmosfera natalizia. Saranno loro, infatti, a finanziare nel quartiere l'installazione delle luminarie e creare un piacevole biglietto da visita a una realtà residenziale che offre anche diverse (e spesso non conosciute) opportunità di spesa e shopping.

L'intervento di illuminazione sarà sostenuto anche con un contributo da parte dell'Amministrazione comunale e dell'assessorato alle Attività produttive, diretto dal vicesindaco Micaela Zaninelli.

Sono una ventina le attività che hanno aderito all'iniziativa.

Ecco quali

Ristorazione

Ristorante Pizzeria Rubina

Umi flavour cusine

Luca Luca Panificio

Bar Paradiso 2 Ricevitoria

Billa's Bar

Pizzeria FoodBook

Servizi alla persona

Studio dentistico via San Rainaldo

Lavanderia La Rapida

Farmacia MonteRosa

Revolution Parrucchieri Uomo e Donna

Servizi

Vimar Centro Stampa

Luxit Onoranze funebri

Spaccio cialde e capsule caffè

Levati Auto

Geco serramenti

Ga-Si automobili srl

Smart Clima

Mad Motors

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Cultura

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Natale, i commercianti illuminano il Milanino

Concorezzo. Nonostante le difficoltà di questo anno funesto, i commercianti del Milanino non si sono tirati indietro per creare una suggestiva atmosfera natalizia. Saranno loro, infatti, a finanziare nel quartiere l'installazione delle luminarie e creare un piacevole biglietto da visita a una realtà residenziale che offre anche diverse (e spesso non conosciute) opportunità di spesa e shopping. L'intervento di illuminazione sarà sostenuto anc

evil-eye-1185995_1280.pngConcorezzo. Un anno e 8 mesi di condanna. Questo ha deciso il giudice del Tribunale di Monza (il pubblico ministero aveva chiesto una pena ben più severa) nei confronti della parrucchiera di Concorezzo (ora non esercita più in paese) al centro di una delle vicende più sconcertanti degli ultimi anni. Questo è il primo grado di giudizio. La donna, 56 anni,  secondo l'accusa aveva di fatto circuito un'ottantenne residente in centro che avrebbe pagato 6mila euro e donato alcuni gioielli per farsi togliere un fantomatico malocchio. L'anziana, invalida civile, vedova, difesa dal legale Filippo Corbetta di Milano, aveva trovato la forza di denunciare gli episodi ai carabinieri della caserma di via Ozanam, coordinati dal luogotenente Fulvio Carotenuto, solo grazie al sostegno dei nipoti e dell'ex parroco don Pino Marelli. Durante le udienze erano emerse altre vicende di denunce (poi ritirate) a carico della parrucchiera: 100mila euro che avrebbe versato un noto imprenditore per coprire una presunta relazione extraconiugale o ancora 30mila euro versati da una donna per risolvere problemi di cuore. Tutti fatti che non erano mai stati formalmente denunciati dalle presunte vittime. Il figlio della parrucchiera, titolare di un salone di acconciature in centro ed estraneo agli episodi, a seguito dello scalpore suscitato dai fatti di cronaca, aveva deciso di lasciare il paese.

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Processo malocchio, parrucchiera condannata in primo grado

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MALOCCHIO3.jpgConcorezzo. Era attesa per oggi, a Monza, la sentenza su R.G., la parrucchiera di 54 anni, imputata per la presunta truffa ai danni di A.F, un'ottantenne residente in centro che avrebbe pagato 6mila euro e donato alcuni gioielli in cambio dell'allontanamento del malocchio. Ma l'udienza non si è tenuta per l'adesione del legale della presunta truffatrice alll’astensione dalle udienze e da ogni attività giudiziaria nel settore penale degli avvocati penalisti dal 30 novembre al 4 dicembre 2015 proclamata dall'Unione delle camere penali italiane. Per la possibile sentenza bisognerà attendere il 16 febbraio 2016.

A.F., invalida civile, vedova, difesa dal legale Filippo Corbetta di Milano, aveva trovato la forza di denunciare gli episodi solo grazie al sostegno dei nipoti e dell'ex parroco don Pino Marelli. Durante le precedenti udienze sono emerse altre vicende di denunce (poi ritirate) a carico della parrucchiera: 100mila euro che avrebbe versato un noto imprenditore per coprire una presunta relazione extraconiugale o ancora 30mila euro versati da una donna per risolvere problemi di cuore.

Una vicenda, quella della parrucchiera, che aveva di fatto minato anche l'attività del figlio della donna, G.M., titolare di un salone di acconciature in via Repubblica ed estraneo agli episodi: a seguito dello scalpore suscitato dai fatti di cronaca, il giovane aveva deciso di lasciare il paese.

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tribunale_monza.JPGConcorezzo. Pene più pesanti di quanto richiesto dal pubblico ministero per i coniugi che hanno per anni vessato due fratelli imprenditori concorezzesi. Il Collegio giudicante del Tribunale di Monza presieduto da Letizia Anna Brambilla ha inflitto lunedì 3 anni e 3 mesi di reclusione e 3200 euro di sanzione alla moglie e 2 anni e 6 mesi di reclusione e 2600 euro di sanzione al marito per estorsione. Il pm aveva chiesto 3 anni per lei e 2 anni per lui.

La donna, che esercitava la propria professione in città, ha già una condanna in primo grado per truffa ai danni di una invalida ottantenne, residente a Concorezzo,, che era stata persuasa del fatto di avere il malocchio. 

In questo caso, invece, la donna ha approfittato di una presunta relazione avuta nel 2013 con uno dei due imprenditori per estorcere denaro a lui e al fratello socio in affari in cambio del silenzio sulla vicenda. L’artigiano vessato si era recato più volte presso la locale stazione dei carabinieri a raccontare le violenze subite, ma non aveva mai voluto formalizzare la denuncia, forse per timore che la videnda diventasse pubblica. Il procedimento penale è però partito autonomamente su segnalazione dei carabinieri. 

Secondo quanto raccontato in aula lo scorso febbraio (Tentata estorsione, il pm chiede tre anni di carcere), seppure con versioni discordanti nei dettagli, il fratello aveva notato ammanchi in azienda per oltre 50mila euro (si è parlato anche di 80-90mila euro in una successiva deposizione). A quel punto l'imprenditore aveva ammesso di aver dato dei soldi alla vicina e al marito di lei perché minacciato anche in presenza di altre persone. In tribunale due dipendenti dell'azienda diretta dai fratelli concorezzesi hanno confermato le risse all’interno del capannone e un carabiniere ha relazionato sulle diverse occasioni in cui i fratelli si erano recati in caserma per raccontare le aggressioni.

A febbraio i due coniugi hanno negato le versioni dei due imprenditori, giurando di non aver mai picchiato nessuno. Hanno invece ammesso di aver ricevuto soldi non per tener nascosta la relazione extraconiugale ma per la cessione di una porzione di un piazzale (i coniugi abitano infatti accanto alla ditta dei due fratelli). Il Collegio giudicante del Tribunale di Monza non ha creduto loro.

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Soldi per coprire la scappatella: condanne pesanti

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Concorezzo. Non avrebbe lasciato il carcere di Monza, dopo l'interrogatorio di garanzia del Gip, la parrucchiera di 53 anni accusata di truffa aggravata ai danni di una anziana di 79 anni, invalida civile per problemi alla vista. Il Giudice per le indagini preliminari, alla presenza del pubblico ministero e dell'avvocato difensore, aveva infatti 5 giorni per sentire la versione della donna. L'arresto è stato effettuato martedì scorso, i termini scadevano lunedì e quindi, da quanto trapela dalla Procura, non sarebbero stati concessi i domiciliari in attesa del processo e della chiusura delle indagini (si vuol capire se si siano verificati altri casi).

L'avvocato difensore potrà ora fare richiesta di scarcerazione tramite il Tribunale delle libertà.

Nel frattempo si è saputo che l'anziana che ha denunciato la truffa (dopo l'intervento di una nipote) abita a poca distanza dal negozio gestito dalla parrucchiera insieme ad alcuni famigliari e quindi non è da escludere che le presunte pratiche per liberarla dal malocchio (pratiche che le sarebbero costate 6200 euro in contanti più alcuni gioielli) si siano svolte anche nell'appartamento della donna, vedova da alcuni anni.

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Concorezzo. Tre anni di reclusione per lei e due anni per il marito per tentata estorsione in concorso: è la richiesta di condanna avanzata dal pubblico ministero del Tribunale di Monza nei confronti dei coniugi che avrebbero per anni vessato due fratelli imprenditori aventi l’attività di fianco alla loro abitazione.

Il presidente del Collegio giudicante Letizia Anna Brambilla ha fissato il prossimo 7 maggio come data della sentenza. Oggi, lunedì, in aula sono stati ascoltati i testi e al termine hanno voluto essere interrogati anche i due imputati. La donna, che esercitava la propria professione in città, ha già una condanna in primo grado per truffa ai danni di una invalida ottantenne, che era stata persuasa del fatto di avere il malocchio. Stavolta lei e, forse, il marito (che smentiscono categoricamente) avrebbero organizzato una tentata estorsione ai danni di due imprenditori.

I FATTI. Secondo la versione dei due fratelli, nel 2010 era stato stipulato un contratto di compravendita per un terreno: “Siccome dopo tanti anni eravamo riusciti a comprare il capannone che ospita la nostra attività avevamo deciso di ampliarci su un piazzale, che però era anche di proprietà, per un centesimo, altre famiglie. Praticamente per un metro quadrato di piazzale c’eravamo messi d’accordo per versare loro 1500 euro”. La situazione si complica tra il 2013 e il 2014 per una presunta e non meglio definita relazione tra l’imputata e uno dei due imprenditori, cui sarebbero seguite richieste di denaro forse per mettere sotto silenzio la situazione (23mila euro tramite assegni post-datati, mentre in azienda sarebbero stati registrati altri ammanchi per 80-90 mila euro, forse da collegare alla stessa vicenda). L'imprenditore vessato si era recato più volte presso la locale stazione dei carabinieri a raccontare le presunte violenze subite dai due imputati, ma incomprensibilmente non aveva mai voluto formalizzare la denuncia. Il procedimento penale è infatti partito autonomamente su segnalazione dei carabinieri. La sua reticenza nel rispondere alle domande ha irritato anche la presidente del Collegio giudicante: “Ho come l’impressione che non ci voglia raccontare. Non mi prenda in giro”.

Secondo quanto raccontato in aula, seppure con versioni discordanti nei dettagli, uno dei fratelli aveva notato ammanchi in azienda per oltre 50mila (si è parlato anche di 80-90mila euro in una successiva deposizione). A quel punto l'altro fratello aveva raccontato di aver dato dei soldi alla professionista e al marito di lei perché minacciato. Due dipendenti hanno confermato le risse all’interno del capannone e un carabiniere ha relazionato sulle diverse occasioni in cui fratelli si sono recati in casermaper raccontare le presunte aggressioni.

LA DIFESA. I due imputati hanno negato le versioni dei due imprenditori. Secondo il marito, che ha giurato di non aver “mai picchiato nessuno”, “i 23mila euro erano la somma pattuita per il pezzo del piazzale, da versare quasi tutta in nero per volontà dei due fratelli”. Per lui “non c’è stata alcuna storia amorosa” tra sua moglie e uno dei due imprenditori. La moglie ha confermato che i 23mila euro erano la somma pattuita per il pezzo di piazzale, “perché un centesimo non era un metro quadrato ma sette metri quadrati e quindi volevamo l’equivalente di un box”. Sugli assegni post datati ha affermato di averli accettati “perché i due fratelli mi avevano detto che erano in difficoltà con l’azienda e io mi sono comportata da amica dando loro tempo per trovare la somma”. Siccome nella scrittura privata si parla di “svariati altri soldi” versati a lei da uno dei fratelli, il Pm le ha chiesto conto, ma lei si è trincerata: “Non parlo della mia vita privata. Del perché ho ricevuto quei soldi sono fatti miei e averli presi non costituisce reato”. Infine ha tenuto a sottolineare di aver “restituito i tre assegni non per paura di essere denunciata ma per non far sapere della cosa a mio marito”.

LE RICHIESTE DEL PM E DELLA DIFESA. Il Pm ha dunque chiesto 3 anni di reclusione per lei e 2 anni per il marito per tentata estorsione in concorso. Secondo lo Stato “è inverosimile il pagamento ritardato di 4 anni per 7 metri quadrati di piazzale, come è inverosimile il valore di 23mila euro per 7 metri quadrati a Concorezzo: non stiamo parlando di Porta Venezia a Milano…”. L’avvocato difensore ha cercato di smontare l’impianto accusatorio: “Si dibatte di quattro episodi di violenza, ma solo in uno era presente il marito. Nessun dipendente ha riferito durante i diverbi di questioni economiche e quindi più che di estorsione si più parlare al massimo di reati minori. Come si può dire che scagnozzi sono stati mandati in spedizione punitiva presso il capannone quando ascoltando i testi si scopre che la cosa si è chiusa con una stretta di mano? Significa che al massimo la signora ha mandato delle persone a chiedere informazioni sui soldi. Riguardo alla relazione sentimentale, non necessariamente si trasforma in relazione extraconiugale. Abbiamo visto che la principale persona offesa si è mostrata molto reticente. E gli ammanchi sui conti privati e aziendali non sono provati da documentazione. Per questo chiedo l’assoluzione per entrambi dal reato contestato”.

 

 

 

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Tentata estorsione, il pm chiede tre anni di carcere

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