Carabiniere morì per salvare una ragazza, il Comune gli sfratta la madre dal cimitero
Concorezzo. “Mio zio morì per salvare una ragazza dai nazisti, lo Stato lo ripaga sfrattando la madre dal cimitero”. E’ questa la denuncia che il concorezzese Leonardo Ceciliani, originario di Jesi, ha fatto scrivendo al sindaco del suo Comune di origine. Un’accusa che è rimbalzata su tutti i giornali nazionali perché al centro della vicenda c’è il ricordo di un carabiniere eroe, Elio Fileni. Sua madre, Teresa Santarelli, verrà sfrattata dalla sua tomba, con decreto di decadenza disposto dal Comune e appeso sul marmo, come tanti altri disseminati nel cimitero storico di Jesi.
Ceciliani – si legge sul Messaggero – ha scritto al sindaco di Jesi, Massimo Bacci, e alla locale sezione dei carabinieri in congedo intitolata al vice brigadiere Elio Fileni, ricordando la figura del giovane eroe della Resistenza morto a 30 anni a San Benedetto del Tronto il 12 giugno 1944 dopo aver difeso e protetto una giovane che rischiava di essere vittima di violenza da parte dei tedeschi: il vice brigadiere dell’Arma Elio Fileni, jesino, venne coinvolto con altri in uno scontro a fuoco per strada e, come gli uomini più coraggiosi, Fileni fu l’ultimo del gruppo a ritirarsi e venne colpito a morte da una sventagliata di mitra dei nazisti, quando stava quasi per mettersi in salvo. Ebbe la medaglia d’argento al valore militare per aver salvato la ragazza, medaglia che la mamma Teresa Santarelli portò con se per sempre. Quel grande riconoscimento fu per lei un raggio di sole a scaldare il suo cuore dilaniato dal grave lutto. Ora Teresa Santarelli, morta nel ’64, ha lo sfratto dalla tomba. “Mi chiedevo se la sua persona in qualità di sindaco – ha scritto il nipote Leonardo Ceciliani a Bacci – poteva intervenire per dare una onorabile sistemazione alle spoglie della madre di un eroe cittadino. Le ricordo che al sottoufficiale Elio Fileni le città di Jesi e San Benedetto hanno intitolato una via”. La lettera è di venti giorni fa. Nessuna risposta dal Comune di Jesi e l’indifferenza, si sa, fa ancora più male dello sfratto.