LA CAMORRA A CONCOREZZO: rapine, estorsioni e minacce
Concorezzo. 76 persone indagate, di cui 43 arrestate e 9 ai domiciliari: così i carabinieri di Monza hanno tagliato uno dei tentacoli di un potente clan della Camorra che aveva messo testa, piedi, affari e violenze in Brianza. Il presunto boss, Giuseppe Esposito, 50 anni, di Torre Annunziata, era domiciliato a Villasanta: per tutti lui era “Peppe o’ curt” o “Zio Peppe” o “Padre Pio”, mentre per gli inquirenti era il capo indiscusso dell’organizzazione, influente a tal punto da incontrare a Monza uno dei boss assoluti della malavita campana.
Nella rete dei carabinieri è finito anche Pal Guri, detto Paolo, albanese di 25 anni, residente in via Volta 3 a Concorezzo, ora in carcere a Vigevano. Lui era uno degli esecutori delle rapine che finanziavano l’organizzazione e, sempre secondo l’accusa, era utilizzato per lo spaccio di droga.
Tra i nomi eccellenti quello di Giovanni Antonicelli, ex assessore all’Ambiente di Monza, accusato di compravendita di voti (30 euro per singola persona, 50 euro per famiglia) e di aver favorito negli appalti presso le case Aler di Monza l’impresa di Esposito.
Allucinanti gli episodi che riguardano Concorezzo.
Nel faldone in mano ai magistrati, risulta ad esempio l’estorsione ai danni di una società cooperativa di Concorezzo, con sede in via Libertà: il titolare per lungo periodo, nel 2010, sarebbe stato non solo costretto a versare un pizzo da 1000 a 3000 euro, ma anche ad assumere in maniera fittizia una giovane donna, in stato di gravidanza, vicina al clan.
Sempre all’organizzazione viene imputata la responsabilità della rapina avvenuta il 23 aprile 2010 presso il bar-pizzeria di Massimo Scalise, lungo la Provinciale Monza-Trezzo, nei pressi della fermata dell’autobus detta “La milanesa”, in via Dante 41. In quell’occasione entrarono in azione quattro componenti del clan e portarono via 3000 euro in contanti e 300 euro in “Grattta&vinci”: la banda agì con il volto coperto da sciarpe e cappuccio e utilizzando pistole vere. Proprio sulla natura delle pistole, rischiò di consumarsi una tragedia. Il titolare, pur non opponendo resistenza, avrebbe detto: “Cosa fai con quella pistola finta in mano?”. E uno dei rapinatori, punto sull’orgoglio, a quel punto caricò la pistola, vera, puntandola contro il giovane imprenditore: “La vuoi provare?”. Per fortuna l’intimidazione finì lì, e i quattro si dileguarono a bordo di una Ford Escort rubata il giorno prima a Monza (nella foto un estratto dell’ordinanza di custodia in carcere in cui risultano le intercettazioni di uno dei rapinatori).
Ma sono in generale le 285 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare emessa da Gip a dipingere un quadro sconcertante delle infiltrazioni a Monza e in Brianza.
Ora si aprirà il processo in cui verranno definitivamente definite posizioni e responsabilità. Comunque vada, l’ennesimo campanello di allarme che richiama società civile, impresa, politica e Forze dell’ordine alla massima unità e collaborazione.