Il grande abbraccio di Concorezzo ai suoi pesàtt

dema4.JPGConcorezzo. Una pagina di storia, l'ennesima, che si chiude. Passione, cultura, storia, fatica, qualità, simpatia, cortesia. Resteranno nei ricordi di quanti hanno frequentato la pescheria e friggitoria Demaria che, oggi, ha salutato tutti i clienti. Giù la saracinesca, si va in pensione. Difficile trovare eredi che portino avanti un mestiere antico ma faticoso, fatto di sveglie all'alba e di saper scegliere. E così si chiude. L'abbraccio dei concorezzesi nella boutique di via De Capitani dice molto di più di mille parole di circostanze. Grazie Walter, Grazie Gianni!

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Qui di seguito l'intervista che Concorezzo.org realizzò nel 2014.

LA STORIA DEI PESATT. Incontriamo Walter e Gianni Demaria, titolari della  pescheria e friggitoria di Via de Capitani, attività storica inaugurata dal padre Michele oltre sessant'anni fa. Dall'intervista è nato un racconto vivido che traccia un'esperienza lavorativa intrecciata indissolubilmente con la comunità non solo concorezzese, ma che affonda le radici nella Brianza intera e nella Pianura Padana.

Come nasce la storia della vostra pescheria?

Walter: Mio papà Michele s'è trasferito in Lombardia dal Piemonte nel '22, quand che g'aveva sédes ann. Era infatti originario di San Damian ëd l'Arma (San Damiano Macra), comune della Valle Maira in provincia di Cuneo.

Gianni: Del cognome Demaria, tutto attaccato, ne esiste infatti solo un ceppo nel Cuneese.

Walter: Mio nonno era un contadino della valle, e chi nasceva in quegli anni a San Damiano sceglieva preferibilmente due strade: o andare in Francia, a fare l'autista, o scendere in pianura fino Milano, fino al Veneto, per fare gli anciuiè (acciugai, in lingua piemontese).

 Si trasferì da solo?

Walter: No, partì con un gruppo di sette-otto coetanei, tutti per fare gli acciugai. Un mio zio ad esempio si stabilì a Crescenzago, un altro a Osnago. Quando arrivò a Milano avevano il minimo indispensabile; mia mamma ricordava che i primi giorni si fecero prestare una forchetta dai vicini!

Gianni: La tradizione di essere acciugai deriva dall'antica 'Strada del Sale' occitana. Gli anchoiers dalla Val Maira scendevano fino a Genova, poi da Liguria e Piemonte arrivavano alla Francia Occidentale, alla Lombardia, all'Emilia e anche al Veneto.

Walter: Appena giunto a Milano mio padre ha trovato impiego alla 'San Carlo'; prima delle patatine infatti, la San Carlo vendeva soprattutto il merluzzo fritto. Mio papà raccontava che lì ha imparato il lavoro.

Gianni: Poi al ritorno dalla guerra s'è trasferito prima a Sant'Albino, infine a Concorezzo nella «curt di Verdej», dove sono nato io. Nel '51 ci siamo trasferiti nella casa-magazzino in via Marco Polo, dove è nato mio fratello.

 

Com'era l'attività agli esordi?

Walter: In paese non c'era nessuno che vendesse il pesce, mio papà è stato il primo! Diciamo che a Concorezzo erano tutte delle anime da salvare, dei peccatori, e che li abbiamo salvati con il fritto del venerdì!

Gianni: Eh sì, a quei tempi c'era solo lo storico Capra di Monza. Nostro padre ha cominicato facendo l'ambulante, consegando con un triciclo a pedali, poi ha preso una Giardinetta. Lo chiamavano «el pesàtt de Cuncuress». Nel piccolo magazzino conservava solo acciughe, arringhe, merluzzo sotto sale, stoccafisso, saracche che poi consegnava alle trattorie, ai negozi e direttamente nelle corti.

Walter: In paese ad esempio ricordo che riforniva la trattoria Pierino, La Sabbia, la trattoria del Malcantun... Dei negozi, il Pedroni, o il Merunén (la drogheria dei Meroni in via Libertà)... e poi faceva tutto consegne in tutto l'hinterland: Cavenago, Arcore, Pessano...

Ed il venerdì mattina, giorno di magro, friggeva il pesce dentro una grossa pentola fuori dalla Chiesa, sotto una pianta dove adesso c'è la fontanella. I vecchi se lo ricordano ancora oggi: «Uhè pesàtt, te se uféndat no se te ciami inscì eh?! Me se rigordi amò el to' papà e la tua mama, puarét!, denans de la Gesa a ciapà fregg!».

Allora il pesce era una sorta di tabù; anche nelle mense si mangiava solo ed esclusivamente il venerdì, e giusto perché  non bisognava consumare carne.

Quando vi siete trasferiti nella sede attuale?

Nel '78 ci siamo trasferiti nei locali che adesso sono occupati  dalla Ghiringhella. Nell'83 noi due figli abbiamo rilevato l'attività,  e nell'88 abbiamo aperto questo negozio, che al confronto pare un boutique.

Come è cambiato il lavoro negli anni?

Walter: La prima trasformazione è avvenuta a partire da metà degli anni '70, quando la gente ha cominciato a cambiar modo di mangiare. Ad esempio in via Marco Polo il posto era piccolo, ma io non sapevo neppure come riempirlo!

Oggi noi stiamo in piedi per la nomea conquistata negli anni e per la passione. Ormai ogni centro commerciale ha un angolo pescheria.

Gianni: E poi perché abbiamo la grande tradizione del fritto del venerdì! Siamo pescheria e friggitoria. Il buono del fritto è cotto e mangiato entro le due-tre ore.

Walter: Una volta arrivavano i sacchi di juta di 50 kg con dentro il merluzzo; mi ricordo che appena tornato da scuola ero qui ad aiutare mio padre. Su un ceppo, con una accetta grande così, mentre io gli passavo le pitturine (ossia un merluzzo intero, aperto a metà e sottosale) lui le tagliava a pezzetti per metterle a bagno nelle vasche in acqua continua, giorno e notte, per farlo dissalare. Aveva un avambraccio muscolosissimo, era un lavoro massacrante! Attaccava il lunedì alle sette di mattina fino alle quindici, per poi metterlo nelle celle di sughero. 

Anche le acciughe le salavamo noi, a mano, dopo averle pulite. Mio papà se non era stravolto non staccava. Mi ricordo che le mani gli si gonfiavano, che andava a fare i fanghi... Il guadagno veniva dopo, al primo posto c'era il lavoro, viveva per il lavoro! Oggi questa concezione è impensabile, e pure irrealizzabile per via dei quintali di timbri, certicazioni, autorizzazioni...

Il vostro pesce è fresco, tutti i giorni?

Gianni: Sicuro! Ogni mattina arriva il fresco, dal martedì al sabato. Fin che c'era il mercato di via San Martino a Milano, fino al duemila, andavo io stesso a prenderlo. Adesso ci riforniamo da un distributore dal mercato ittico di Chioggia per il nazionale, e dalla Speal di Medolago che serve grande distribuzione e ristorazione per quello internazionale.

Cosa significa fare questo mestiere a Concorezzo?

Walter: In paese siamo una storia particolare; il nostro era un lavoro atipico, soprattutto una volta, e soprattutto duro, sempre nell'acqua, sempre nel freddo. Se oggi ci alziamo alle 5, anni fa addiritura alle tre, perché il pesce non arrivava pulito, e si tirava fino le dieci di sera.

E un'attività va avanti solo perché ce l'abbiamo nel sangue; bisogna avere fatto una lunga gavetta per offrire un buon servizio, quantità e qualità. Il sabato sono esausto, ma poi il lunedì sembra che non vedo l'ora di esser qui. Perché in fondo qui ci siamo cresciuti, fin da quando eravamo bambini: non l'ho mai sentito come un lavoro, ma quasi come essere a casa. Se non lo senti, se non hai questa scorza... in tanti sono falliti nei paese vicini, si fa in fretta a crollare. Noi abbiamo ancora clienti che arrivano da Brugherio, Lesmo, Casatenovo, Cernusco...