Quanto amianto c’è ancora sul territorio italiano?

fire-fighters-2788560_1920.pngIl 27 marzo 1992 è stata una data storica per l’Italia, poiché è entrata in vigore la legge 257/92 che ha vietato l’uso e la produzione di manufatti contenenti l’amianto. Una legge che ha trasformato l’Italia in un esempio virtuoso da seguire per tutti gli altri paesi europei, poiché ha anticipato di ben 13 anni lo stesso divieto emanato successivamente dall’Unione Europea.

Ma com’è oggi la situazione in Italia? Il divieto ha portato a dei miglioramenti? Per rispondere a queste domande bisogna considerare che i problemi di salute pubblica rimangono, a causa delle passate esposizioni e dell’amianto ancora presente in alcune strutture. Tuttavia è innegabile che molti passi in avanti a tutela della salute pubblica siano stati fatti, benché la strada per eliminare del tutto la presenza di amianto da manufatti ed edifici sia ancora lunga.

Emergenza amianto in Italia: a che punto siamo?

La fotografia scattata da un recente censimento illustra una situazione ancora da monitorare, ma in netto miglioramento soprattutto se paragonata agli ultimi decenni. La regione che smaltisce più amianto in assoluto è il Piemonte, con una percentuale che si attesta al 39,3%. Fino a qualche anno fa, a causa dell’esaurimento delle discariche, era necessario esportare all’estero in Austria e Germania i rifiuti. Oggi la situazione è migliorata grazie anche alla costruzione di nuove discariche dell’amianto.

L’amianto è inoltre presente anche nei prodotti di utilizzo industriale e civile, come elettrodomestici, tessili, componenti per la coibentazione di fabbriche, tetti, navi, treni e rivestimenti per tubi, caldaie e turbine. Ecco perché la gestione e lo smaltimento dell’amianto sono operazioni estremamente delicate che vanno eseguite con la massima scrupolosità.

Le operazioni di bonifica effettuate hanno portato a risultati concreti?

Benché l’amianto può provocare lo sviluppo di tumori e patologie molto serie, oggi fa meno paura rispetto a qualche anno fa. Non tanto perché risulta meno pericoloso, ma semplicemente perché le operazioni di bonifica hanno portato a dei risultati tangibili che hanno ridotto il tasso di mortalità.

Le operazioni di bonifica attuate su tutto il territorio negli ultimi anni hanno contribuito ad un minor tasso di mortalità da malattie tipiche provocate dall’esposizione da amianto come tumore al polmone, asbestosi, carcinoma polmonare e mesotelioma maligno.

Facendo un passo indietro, secondo l’ISS (Istituto Superiore di Sanità) in Italia ci sono stati 4.400 decessi nel periodo compreso tra il 2010 e il 2016 dovuti proprio all’esposizione da amianto. Un altro dato che merita di essere sottolineato è la maggiore mortalità tra gli uomini (3.860) rispetto alle donne (550).

Dopo l’approvazione della legge 257/92 è stata realizzata anche una mappa nazionale dei siti contaminati da amianto, così da poter organizzare nel migliore dei modi le operazioni di bonifica su tutto il territorio nazionale in modo mirato. Inoltre è stato attivato anche un piano di sorveglianza epidemiologica nazionale della mortalità per mesotelioma, che ha restituito risultati migliori rispetto agli anni precedenti.

Ci sono ancora morti per malattie da amianto, ma questo dipende sempre dal fatto che negli anni precedenti c’è stata comunque un’eccessiva esposizione a questo killer invisibile. Basti pensare che il periodo di latenza, cioè il tempo che intercorre tra l’esposizione all’amianto e la comparsa del mesotelioma, è addirittura di 40-50 anni.

Dal 1° luglio 2025 tutti gli Stati membri dell’Unione Europea sono chiamati ad eliminare i prodotti di amianto, un obiettivo che rientra tra le priorità “ambiente e salute” dell’OMS per raggiungere gli obiettivi previsti nell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite nell’ambito dello sviluppo sostenibile.

Come procedere allo smaltimento dell’amianto?

Per procedere alla rimozione e allo smaltimento dell’amianto è necessario rivolgersi ad aziende specializzate come Gruppo Mossali, operante soprattutto in Lombardia che, insieme a Piemonte, Friuli e Liguria, è la regione con rischi più elevati poiché si sono concentrate negli anni le maggiori attività produttive legate all’amianto.

L’azienda specializzata innanzitutto deve effettuare un sopralluogo per verificare l’effettiva presenza dell’amianto. Una volta accertata la sua presenza, deve preparare e inviare tutta la documentazione per le autorizzazioni all’ASL almeno 30 giorni prima di iniziare i lavori.

Successivamente si deve incapsulare l’amianto coprendolo con prodotti ricoprenti oppure penetranti, per poi bonificare le superfici circostanti venute a contatto con l’amianto. Il prodotto, una volta rimosso, deve essere smaltito con le opportune attrezzature all’interno di apposite discariche.

Tutte queste operazioni devono essere svolte da personale professionale, formato e altamente qualificato poiché lo spostamento o il danneggiamento dell’amianto può rilasciare nell’aria polveri estremamente pericolose e addirittura letali.