Falsi Made in Italy sequestrati e dati ai poveri

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Brianza. Uno dei magazzini era situato a pochi passi da Concorezzo e precisamente ad Agrate Brianza. Il losco giro d'affari è stato stroncato dalla Guardia di finanza di Torino. Quindicimila articoli di maglieria falsi, migliaia di etichette ed imballi pronti per il confezionamento dei capi di abbigliamento, il tutto per un valore di oltre 500mila euro. E’ il bilancio di un sequestro effettuato nei giorni scorsi dalla Guardia di Finanza di Torino in due market ubicati in Lombardia. L’intervento dei Baschi Verdi del Gruppo Torino, nasce da un analogo sequestro di capi contraffatti realizzato la scorsa settimana in uno store del Torinese, gestito da un imprenditore cinese. I Finanzieri, al termine delle indagini, sono risaliti all'importatore della falsa merce, con depositi a Milano e in Agrate Brianza (MB). Gli inquirenti, che per le analisi dei filati si sono avvalsi della collaborazione del laboratorio Chimico “BuzziLab" di Prato, hanno appurato la non conformità di quanto indicato sulle etichette merceologiche.

DI COSA ERANO FATTI

I capi di abbigliamento, in sostanza, sono risultati composti di filato acrilico e non, come indicato nelle etichette, con il tessuto di pregio denominato “LYCRA”, le cui caratteristiche di elasticità ad effetto “memoria” sono tutelate da un brevetto registrato. Su quest’ultimo aspetto è bene ricordare che il marchio “LYCRA”, il cui brevetto è riconducibile al diritto di privativa industriale della nota Azienda Multinazionale “Invista” con sede negli Stati Uniti, differenzia il proprio tessuto per delle caratteristiche ben definite che attribuisce allo stesso una nota di pregio rispetto ad altre fibre sintetiche. Frode in commercio è l’accusa per l’imprenditore di origine cinese denunciato alla locale Procura della Repubblica per di più sanzionato per oltre 5.000 euro.

UN GIRO D'AFFARI IMPRESSIONANTE

Circa 15.mila gli articoli di maglieria sequestrati oltre a migliaia di false etichette ed imballi pronti per l’illecito confezionamento, il tutto per un valore di oltre 500.000 euro. Gli stessi imballi, tra l’altro, riportavano indicazioni e “claims” inequivocabilmente riconducibili ad un origine italiana dei prodotti, di fatto, però, importati dalla Cina.La merce tolta dal mercato sarà prossimamente distribuita ad enti caritatevoli.