Monza. La maxi operazione antidroga di Sondrio arriva fino in Brianza. Sono in gran parte profughi nigeriani (sembra 15) ospitati in strutture della Valtellina per richiedenti asilo i 19 arrestati a vario titolo per detenzion e di droga ai fini di spaccio. Di questi 14 sono stati portati in carcere, 5 messi ai domiciliari, in una operazione anti spaccio condotta dai carabinieri del comando di Sondrio. A mano a mano che si apprendono ulteriori particolari, emerge un giro di spaccio che prevedeva una florida collaborazione con pusher italiani che si rifornivano dagli stessi nigeriani, e una vasta clientela di tutte le età e nazionalità. Come spiegato in una conferenza stampa con il procuratore Claudio Gittardi, è stata così smantellata una organizzazione di nigeriani che spacciava, in prevalenza, in una area pubblica di Morbengo (Sondrio) avendo tra clienti anche minorenni, e addirittura ragazzini di età inferiore ai 14 anni.
I carabinieri hanno accertato che la droga, in prevalenza marijuana, proveniva da Bergamo ma anche dalle province di Roma, Parma e Monza Brianza. Così come la clientela e alcuni "colleghi".
I NUMERI
Stando a quanto riferito dai carabinieri, sono state un centinaio le cessioni documentate, anche nei confronti di minori di anni 14, e qualche centinaio quelle desunte dalle intercettazioni telefoniche effettuate anche nei confronti di soggetti domiciliati in diverse parti d’Italia. Circa 15 i richiedenti asilo impegnati nell’attività di spaccio locale, gli altri soggetti coinvolti si occupavano dell’approvvigionamento di stupefacente, di organizzare i viaggi dei corrieri, acquistando titoli di viaggio con carte di credito clonate, e di gestire i proventi. Tra le particolarità è emerso che anche pusher locali italiani si rifornivano dagli spacciatori nigeriani e che questi ultimi, sebbene nel Paese di origine appartenessero a diverse fazioni, sul territorio italiano collaboravano nelle attività di spaccio. Fondamentali per le indagini, sono state le intercettazioni e la collaborazione dei cittadini che hanno messo a disposizione le proprie abitazioni per le attività di sorveglianza da parte dei militari.