Madonnina della Cavallera, ecco la vera storia

Pubblichiamo (ringraziando l'autore), un articolo di Davide Ferrario, segretario dell'Archivio storico della Città di Concorezzo, relativo alla Madonnina del Parco della Cavallera, la cui edicola votiva è stata recentemente oltraggiata da un atto vandalico. A breve dovrebbe partire una raccolta fondi per reinstallare il vetro protettivo. Questo articolo viene pubblicata nella speranza che la conoscenza del nostro passato e delle nostre radici renda più forte la nostra comunità e più aperta la mente di certe persone. (nella foto degli anni Venti, Carlo Bordogna, che fece costruire l'edicola).

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Concorezzo. L’esistenza della Madonnina è legata a un voto. Quella primitiva pietà cristiana, dipinta sull’edicola immota e salda tra i campi che circondano la Cassinètta, la edificò nel 1920 Carlo Bordogna (1858-1934).

Contadino, figlio di Luigi dei j, e sposato a Enrichetta Teruzzi (1867-1938) dei Bigulìtt, con la numerosa famiglia, abitava in curt da l’erón. Quotidianamente raggiungeva la sua campagna, in particolare quella fertile terra a nord del borgo.

Quando i figli Abele e Giacomo partirono per la Grande Guerra, Carlo fece promessa di realizzare una cappella nel caso almeno uno fosse ritornato vivo. Giacomo, all’apparenza più fortunato, finì in un reggimento di cavalleria e tra stupore e orgoglio scriveva “ ..ho in consegna  un cavallo bianco”, Abele, artigliere, fu spedito in prima linea come mitragliere. Il destino invertì le premesse: Abele, ormai caporale, l’ebbe franca, mentre Giacomo perì al fronte il 22 novembre 1917.

Tuttavia, come talvolta accade, passata la “tempesta”, l’uomo tende a dimenticare. Così, finita la guerra, Carlo non mantenne la sua promessa. A ricordare la promessa ci pensò direttamente la Madonna. Di notte un tuono risuonò nella corte dove Carlo abitava e subito comprese il significato di quel vigoroso richiamo. Trascorsi pochi mesi la Madonnina venne edificata.

Si racconta, inoltre, che durante la guerra civile seguita all’armistizio dell’8 settembre 1943, il casinotto (prima demolito e ora totalmente scomparso) nei pressi della Madonnina veniva usato per nascondere le armi che i partigiani, provenienti da Villasanta, lasciavano per i combattenti clandestini di Arcore.

Negli anni la Madonnina non ha sofferto solo di vecchiaia e intemperie, ma pure per l’orribile mano umana. Più volte i nipoti di Carlo hanno direttamente curato la sua manutenzione e qualche anno or sono è stato inserito l’attuale quadro della Madonna protetto dal vetro. Sulla panchina, ai suoi piedi, chi percorre i campi si può riposare e attraverso la scritta incisa sul legno può conoscerne almeno l’origine. Questa e molte altre memorie sono custodite da Maria, Elena, Felice e Carlo, nipoti del nostro protagonista.